Vocabolario Dantesco Latino
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NOTA:
Hapax nel lat. dantesco. Ampiamente att. nella latinità, anche in contesti metaforici, è ad alta frequenza nella Vulgata, dove ricorre in alcuni passi di ampia fortuna nell'esegesi biblica e nella letteratura patristica (vd. ad es. Mt 7, 16-20 in Corrispondenze). Del lemma arbor è att. la polimorfia per il nominativo singolare: arbos e arbor. Dal momento che il sost. figura in D. solamente in Ep. VII 21 all'accusativo plurale, non è possibile indicare con certezza la forma al nominativo conosciuta e adottata dall'autore. Anche la distinzione semantica tra le due forme presente nei lessicografi mediev. (vd. Corrispondenze) non aiuta a dirimere la questione, dal momento che D. non specifica se gli alberi da estirpare siano fructifera o meno. Si propende per la forma arbor nell'entrata del lemma perché la variante arbos è forma arcaica impiegata soprattutto in poesia: «forma arbos poetis usitatissima, in primis Vergilio, qui arbor omnino sprevit, in sermone pedestri rara est», ThLL s.v. arbor.
In Ep. VII il termine ricorre con il suo signif. proprio di 'pianta che produce rami'. Il lemma è inserito in un contesto metaforico: D. esorta Enrico VII a non indugiare nel Nord Italia ma a scendere su Firenze per eliminare l'origine della ribellione contro l'autorità imperiale; allo stesso modo per estirpare un albero non è sufficiente tagliarne solo i rami (= le città lombarde che si ribellano all'imperatore), ma è necessario asportare le radici che apportano nutrimento alla pianta (= Firenze), per evitare che il tronco ramifichi di nuovo (cfr. anche gli altri lemmi con cui è costruita la metafora vegetale: aresco, extirpo, pungitivus, radix, ramifico, ramus, truncus in VDL). Nei volgarizzamenti di Ep. VII il passo «ad arbores extirpandas» è reso con «a diradicare (g)li alberi» (volg. A e B).
Nel volgare dantesco il lemma albero ricorre ben 17 volte, per cui vd. albero in VD.