Vocabolario Dantesco Latino
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perpalle(sc)o, -ui, -ere (v.)

DEFINIZIONE:
1. farsi pallido (Albanese Eg.).
Eg. II 30 Montibus Aoniis Mopsus, Melibee, quot annis / dum satagunt alii causarum iura doceri, / se dedit et sacri nemoris perpalluit umbra!
FREQUENZA:

Eg. 1

INDEX LOCORUM:
perpalluit, Eg. II 30
LOCUZ. E FRAS.:
VARIANTI E/O CONGETTURE:
CORRISPONDENZE:
Voce corrispondente nelle opere volgari di Dante:
palido si fece, vd. ED s.v. palido (A. Bufano)
Latino classico e tardoantico:
Non si rilevano att. del verbo, ma solo dell’agg. perpallidus in Cels. II 6 «color aut niger aut perpallidus» (cfr. ThLL s.v. perpallidus).
Latino medievale:
Lessicografi medievali:
Commentatori danteschi:

NOTA:

Hapax dantesco assoluto; neoformazione prefissale da per + palleo / pallesco privo di occorrenze nel lat. class. e mediev., dove è att. solo l’agg. perpallidus (Cels. II 6). Nel lat. dantesco, il v. ricorre in Eg. II 30 nella clausola «per|palluit umbra», a indicare il pallido colorito di Mopso-Giovanni del Virgilio quale diretta conseguenza di una vita tutta dedicata alla poesia («Montibus Aoniis Mopsus, Melibee, quot annis, / [...] se dedit»). Il fatto che il v. sia att. alla forma dell’indicativo perfetto impedisce di ricostruire con certezza l’uscita del presente, che ammette pertanto le due forme alternative perpalleo e perpallesco. Trattandosi però di un processo in divenire e prolungato nel tempo, la forma incoativa pare preferibile; i più recenti editori traducono infatti «pallido si fece» (Albanese Eg.) / «si fece pallido» (Petoletti Eg.); più libera la resa di Pastore Stocchi Eg.: «si è macerato all’ombra della sacra selva».

Nel lat. precedente a D., l’unico composto prefissale di palleo è expallesco (vd. ThLL s.v. expallesco), anch’esso utilizzato prevalentemente alla forma del perfetto, nella medesima sede metrica di tesi spondaica del quarto piede + quinto piede dattilico: cfr. ad es. Catull. 64, 100 «expalluit auri»; Hor. Epist. I 3, 10 «expalluit haustus»; Ov. Met. IV 106; VI 602 «expalluit ore»; ma soprattutto Lucan. I 539 «expalluit umbra», modello formale e stilistico di D., che ne ripropone la clausola variando il preverbio da ex- a per- (tipologia decisamente prediletta nel lat. dantesco: cfr. perago, percenseo, percipio, percontor, percurro, perduco, perferveo, perficio, perforo, perfruor, perfundo, perhibeo, perimo, perlego, permaneo, permisceo, permitto, permuto, pernoctito, peropto, perpendo, perpetior, perscrutor, persolvo, persono, perspicio, pertingo, pertracto, pertranseo, perverto in VDL), forse per rendere il composto verbale ancora più incisivo e semanticamente pregnante.

Il v. dantesco si configura come responsorio di Giovanni del Virgilio, Eg. I 7 «et nos pallentes nichil ex te vate legemus», dove il part. pres. di palleo era già utilizzato in rif. alla concezione aristocratica del dotto, pallido in conseguenza di una vita dedicata allo studio (cfr. la glossa sullo Zibaldone Laur. 29.8 «assidue studendo» e il commento di Albanese Eg., ad loc.). L’espressione lat. «perpalluit umbra» trova poi corrispondenza nel volgare di Purg. XXXI 140-141 «chi palido si fece sotto l’ombra / sì di Parnaso...», particolarmente significativa per l’analogo rif. al Parnaso e al «pallore causato dalla “fatica ne gli studi di poesia e di eloquenza”» (vd. palido in ED).

Il termine non registra att. nel lat. successivo a D.

AUTORE: Veronica Dadà.
DATA REDAZIONE: 25.05.2021.
DATA ULTIMA REVISIONE: 17.01.2022.