Vocabolario Dantesco Latino
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astripetus, -a, -um (agg.)

DEFINIZIONE:
1. che si lancia verso le stelle (Tavoni De vulg.).
De vulg. II iv 11 Et ideo confutetur illorum stultitia qui, arte scientiaque immunes, de solo ingenio confidentes, ad summa summe canenda prorumpunt; et a tanta presumptuositate desistant, et si anseres natura vel desidia sunt,nolint astripetam aquilam imitari.
FREQUENZA:
De vulg. 1
INDEX LOCORUM:

astripetam, De vulg. II iv 11

LOCUZ. E FRAS.:
VARIANTI E/O CONGETTURE:
CORRISPONDENZE:
Voce corrispondente nelle opere volgari di Dante:
Latino classico e tardoantico:
Latino medievale:
Lessicografi medievali:
Commentatori danteschi:

NOTA:

Prima att. dantesca; neoformazione per composizione da astrum e peto, della tipologia nome + verbo, sul modello di analoghi composti in astri- al primo membro (più frequenti e att. nel lat. class. astrifer e astriger; rari e att. solo nel lat. tardoant. e mediev. astrificus, astriloquus, astrilucus, astripotens, astrisonus) o -peta / -petus al secondo membro, quali agripeta, altipeta/us, cornupeta/us, heredipeta, honoripeta, lucipeta/us, romipeta/us etc., tutti di rara att. (cfr. Du Cange; DMLBS). L’agg. è utilizzato in De vulg. II iv 11 per veicolare la metafora dell’aquila che si slancia verso le stelle, con allusione a Omero e in contrapposizione ai poeti minori, richiamati con l’opposta metafora degli «anseres» (cfr. l’analoga def. di Omero in Inf. IV 95-96 «quel segnor de l’altissimo canto / che sovra li altri com’aquila vola»).

Se già nel lat. class. erano att. composti in -peta con valore morfologico di sost., destinati a nuove e ulteriori varianti nel mediolatino, è proprio nel latino mediev. che di simili composti comincia a diffondersi anche un uso aggettivale, sia a partire dai sost. in -peta che come neoformazioni aggettivali in -petus. Entrambe le forme, astripeta e astripetus, sarebbero state dunque possibili ed equivalenti in area mediolatina: vd. cornupeta/us, lucipeta/us, romipeta/us etc. (sui composti in -petus cfr. Stotz II § 153.9; sugli esiti in -peta, ivi § 154.6). Nel passo dantesco il termine è utilizzato in funzione aggettivale, quale attributo dell’aquila, ma non è possibile ricostruire con certezza l’uscita del nominativo. Non pare dunque condivisibile la posizione di Rizzo, La lingua nostra, p. 548, che riconosce in astripeta l’unico possibile esito morfologico di questa neoformazione dantesca, ascrivendo a Marigo la creazione del «monstrum linguistico» astripetus, accolto da successivi editori del trattato, quali Mengaldo.

Il composto è ripreso da Giovanni del Virgilio, Eg. I 5 «astripetis Lethen, epyphebia regna beatis» (Poeti d'Italia) per indicare le anime del Purgatorio, come chiarito dalla glossa «id est purgantibus se» sullo Zibaldone Laur. 29.8. In questo caso si evidenzia un uso sostantivato del composto, che corrisponde a «beatis» nella struttura chiastica del verso a definire i due regni ultraterreni di Purgatorio («astripetis Lethen») e Paradiso («epyphebia regna beatis»). Il termine è variato da D. nel responsorio di Eg. II 49 nella forma sostantivale astricola, a designare i beati del Paradiso (cfr. astricola in VDL). Sulla connessione morfologica e semantica tra i due composti cfr. Dadà, Sui composti nominali, pp. 33-35.

AUTORE: Veronica Dadà.
DATA REDAZIONE: 27.05.2021.
DATA ULTIMA REVISIONE: 18.01.2022.