Vocabolario Dantesco Latino
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Eg. 1
inumbrat, Eg. II 12
di media frequenza; tra le att. più pertinenti al contesto dantesco: Gesta Bereng. III 272 vimine querno / exstructosque toros obtentu frondis inumbrant (MGH); Gualtiero di Châtillon, Alexandreis I 406 sed et illam mitis inumbrat / Cesaries nemorum, fluviorum cursus inundat (LLT); Ann. S. Petr., anno 1073 Cetera montis latera vastissima silva inumbrabat (MGH).
Papias (s.v. inumbrat): inumbrat: occultat, obscurat (Mirabile).
Uguccione, U 40, 3 (s.v. umbra): Item ab umbra umbro -as, obscurare, cooperire, et componitur adumbro -as, valde umbrare, inumbro -as, contra umbrare vel valde, obumbro -as, undique umbrare. Umbro et eius composita sunt activa (DaMA).
Balbi (s.v. umbro) = Uguccione (Mirabile).
NOTA:
Hapax nel lat. dantesco; il v., composto prefissale di in + umbro, ricorre in Eg. II 12 nell’ambito della descrizione del paesaggio simbolico del Menalo, la cui alta vetta («alto vertice») proietta la propria ombra sui pascoli circostanti (e perciò il Menalo è detto «celator»: vd. celator, vertex in VDL). Il v. registra scarse att. poetiche nel lat. class. e mediev., con le prime occorrenze in Lucr. III 913; V 289. A partire da Virgilio (Georg. IV 20; Aen. XI 66) si colloca in clausola di esametro, dove si mantiene nella maggior parte delle att. successive.
Il v. non è tipico del lessico bucolico, dato che non registra att. né nelle Ecloge virgiliane né nella successiva tradizione bucolica class. e mediolatina; ricorre piuttosto in testi di genere epico (es. Verg. Aen. XI 66; Lucan. IV 456; Gualtiero di Châtillon, Alexandreis I 406) o storico (es. Tac. Hist. III 19; Gesta Bereng. 272), assumendo una connotazione stilistica elevata. Il motivo dell’ombra è però ricorrente nella poesia pastorale, così come, sulla scorta di Virgilio, l’immagine delle ombre che cadono dai monti è tipicamente bucolica: in partic., Verg. Ecl. I 83 «maioresque cadunt altis de montibus umbrae» è modello stilistico e concettuale per la rielaborazione dantesca (vd. umbra in VDL).
Il termine presenta il suo corrispettivo volgare nel v. ombrare, utilizzato da D. in Conv. III ix 15 «le stelle mi pareano tutte d’alcuno albore ombrate»; Purg. XXX 25 «e la faccia del sol nascere ombrata» in rif. agli astri – stelle e sole – che si presentano “velati” alla vista (vd. ombrare in ED). Tuttavia, l’immagine più aderente alla formulazione dell’egloga può essere riconosciuta in Purg. VI 51 «’l poggio l’ombra getta» (cfr. Petoletti Eg., p. 546).
Assente nella bucolica trecentesca, il termine registra att. successive a D., ad es., in Boccaccio, De montibus, p. 1829 «ACROCORINTHUS mons est altitudinis eximie inter Egeum mare et Corinthium sinum positus, adeo quod utrumque inumbret mare» (ALIM); Baratella, Polydor. II 491 «sic inscius acris / portenti inferias venture mortis inumbrat» (Poeti d’Italia); Naldi, Egl. XI 59 «lucus amoena / fronde tegens lymphas sacrati fontis inumbrat» (Poeti d’Italia); Sannazaro, Part. Virg. II 13 «Tantum albo crines iniectu vestis inumbrans» (Poeti d’Italia).