Vocabolario Dantesco Latino
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Eg. 1
varie att. (cfr. ThLL s.v. inornatus, 1a); tra le più significative in relazione all’uso dantesco: Ov. Am. III 9, 52 venit inornatas dilaniata comas (MqDq); Met. I 497 Spectat inornatos collo pendere capillos (MqDq); IX 3 cum sic Calydonius amnis / coepit inornatos redimitus harundine crines (MqDq).
NOTA:
Hapax nel lat. dantesco; l’agg. ricorre in Eg. II 35, nella iunctura «tempora ... inornata», in relazione al tema della laurea poetica (cfr. anche laurus, tempus in VDL). Att. fin dalla latinità class. in rif. a capelli e chiome “disadorne” (in partic. Ov. Am. III 9, 52; Met. I 497; IX 3), diviene più raro con questa valenza nel lat. tardoant. e mediev., dove prevale piuttosto l’accezione retorica del termine (inornata verba, inornatus sermo etc.).
L’uso dantesco dell’agg., inserito nel discorso diretto di Melibeo-Dino Perini, fa rif. all’eventualità che Titiro-Dante mantenga il capo privo della corona d’alloro, e dunque non riceva il riconoscimento ‘ufficiale’ di poeta, qualora rifiuti l’incoronazione bolognese prospettatagli da Giovanni del Virgilio. Nella medesima accezione l’agg. è ripreso da Giovanni del Virgilio, Eg. Muss. 5 «frontis inornate similem ne despice Musam» (Poeti d’Italia); 164 «Meris inornati subierunt tempora mentem» (Poeti d'Italia) quale attributo connotativo di Meri-Giovanni del Virgilio, ancora privo della laurea poetica, in contrasto con Alfesibeo-Mussato che è invece presentato come vates redimitus (cfr. Pastore Stocchi Eg. Muss., pp. 18, 21). Il termine è comunque raro nella poesia successiva a D.: cfr. ad es. Basinio da Parma, Isott. III 9, 48 «Thyas inornatis semper operta comis» (Poeti d’Italia); Naldi, Eleg. I 25, 9 «Hinc nec inornatos patitur pendere capillos» (Poeti d'Italia).