Vocabolario Dantesco Latino
www.vocabolariodantescolatino.it
Varro Rust. I xvi 3 item si ea oppida aut <vici in> vicinia[e] aut etiam divitum copiosi agri ac villae (CC); Liv. XXXIX xii 1 rogat ut Hispalam indidem ex Aventino libertinam, non ignota viciniae, accerseret ad sese (CC); Hor. Sat. V 104 funus egregie factum laudet vicinia (CC); Epist. XVI 44 Sed videt hunc omnis domus et vicinia tota (CC); Petron. 78, 6 tam valde intonuit ut totam concitaret viciniam (CC); Ov. Met. IV 636 armenta per herbas / errabant, humum vicinia nulla premebant (CC); Sen. Benef. VI xix 1 ad summam ne ipse quidem se mihi beneficium iudicat dare, sed aut rei publicae aut viciniae aut ambitioni suae praestat (CC); Char. ps. Diff. (Char. Ars V) Vicinia, vicorum coniunctio: vicinitas, hominum conversatio est (LLT).
Papias (s.v. vicinia): vicinia est locorum proximitas (Mirabile).
Uguccione, U 29, 11 (s.v. vinco): a vice hic vicus (…) unde hec vicinia -e et hec vicinitas -tis: vicinia proximitas locorum (DaMA).
NOTA:
I luoghi segnalati dai principali dizionari prevedono sostanzialmente due accezioni (oltre a un terzo valore del tutto astratto, quello di 'somiglianza'): 'vicinato, vicinanza', in senso geografico, e 'i vicini, i circostanti', intendendo le persone che vi abitano (Castiglioni-Mariotti s.v.; vd. anche Corrispondenze dal lat. class. per questa seconda accezione; la voce non è ancora disponibile nel ThLL). Nessuna di queste è adeguata al contesto dantesco. Qui infatti il termine lat. è stato risemantizzato in senso tecnico sulla scorta di Aristotele, Polit. – in part. I 2, Bekker 1252b – (come nella Mon. avviene per un discreto numero di termini) ed acquisisce lo specifico significato di una 'comunità organizzata sotto il profilo sociale e giuridico'; Chiesa-Tabarroni Mon. perciò traducono «comunità locale»; Quaglioni Mon. sceglie invece «vicinia» (estremizzando il carattere di novità dantesca tramite il calco), e nel comm. a Mon. I iii 2 muove una critica puntuale a tutte le traduzioni precedenti che non colgono l’accezione specifica del passo dantesco. Tra i dizionari di lat. mediev., solo DMLBS (s.v. vicinia, «community of neighbours»), e Gaffiot (s.v. vicinia, «la gens du voisinage, le quartier») si avvicinano; vd. Corrispondenze per un passo significativo dello Ps. Carisio. All’estremo opposto, Blaise Mediev. (s.v. vicinia) e Du Cange (s.v. vicinia) appiattiscono sostanzialmente il valore di vicinia su quello di vicus.
La fonte di D. sarà da individuare nella traduzione della Politica di Guglielmo di Moerbeke (vd. Corrispondenze); Quaglioni Mon. richiama poi la vicinanza di Conv. IV iv 2 (che ci è apparso opportuno riportare quale Voce corrispondente nelle opere volgari di D.) e rimanda alla voce Politica in ED, per l’aderenza stretta di D. alla fonte aristotelica (per cui vd. anche Chiesa-Tabarroni Mon., comm. a I iii 2 e v 6), negata invece da altri commentatori (vd. Quaglioni Mon., comm. ad loc.); vd. anche, in ED, la voce vicinanza. In altro passo del Conv. (IV xi 10) vicinanza mantiene il valore originale latino di 'zone circostante, adiacenti'. Da notare la ripresa del termine latino in senso tecnico nel commento di Pietro Alighieri; il vocabolo è att. anche dai lessicografi, ma non nel senso tecnico dantesco. Il passo di Mon. I v 6 è peraltro problematico, perché D. (così come anche Guglielmo di Moerbeke) utilizza contestualmente sia vicus che vicinia, termini che dunque non parrebbero alternativi (Chiesa-Tabarroni Mon. comm. ad loc., li ritengono sostanzialmente sinon.; cfr. anche Marsilio, Def. VII i 3).
Si potrebbe avanzare l’interpretazione, consentita dal contesto, che vicus pertenga più rigidamente agli aspetti materiali del villaggio, mentre vicinia identifichi la rete di relazioni che lo rende una comunità sociale. In Moerbeke (translatio posterior) si legge però un passo che sembra istituire una sorta di identità tra vicus e vicinia «videtur secundum naturam vicus vicinia domuum esse», letteralmente 'secondo la natura, il villaggio appare essere una "comunità/colonia (il termine greco in Aristotele è ἀποικία)" di famiglie' («domesticam communitas» in Mon. I iii 2, «domus» a v 6). La grande maggioranza delle occorrenze in lat. mediev. riguarda vicinia nel senso delle 'vicinanze' di un determinato luogo – normalmente un monastero, una città o anche una persona – e dunque in una costruzione con il genitivo, non assoluta come è invece in D. (ma non in Guglielmo di Moerbeke, ad esempio, dove il termine è specificato da domuum); nel campo Corrispondenze sono riportate solo le att. che, oltre D., danno adito a un’interpretazione in direzione di un’organizzazione sociale; si tratta quasi esclusivamente di materiale aristotelico, o comunque ispirato alla lettura del corpus (nonostante qualche reminiscenza in età classica, come Varro Rust. I xvi 3).