Vocabolario Dantesco Latino
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NOTA:
Hapax nel lat. dantesco. In lat. class. e tardoant. l’agg. non è att., e anche del sost. da cui deriva (aristocratia) è registrata una sola occorrenza (Heges. II xiii 1 «quibus temporibus aristocratia fuit», CC). Questo campo semantico viene introdotto in lat. mediev. dalle traduzioni di Aristotele, in particolare dell’Etica e della Politica, e trova impiego quasi esclusivamente in trattati politici o testi della Scolastica (per lo più nella forma principale, il sost. aristocratia, in Tommaso d'Aquino ma non solo). L'agg. aristocraticus spesso è utilizzato come attributo per i sost. che identificano forme di governo (ad es. politia, electio; cfr. le att. registrate); quando si tratta di individui, aristocraticus si pone con una connotazione positiva (i migliori sul piano morale), in opposizione a oligarchicus. Il lemma dalla Mon. è hapax nell'opera dantesca, sia in lat. che in volgare (in volgare italiano peraltro il vocabolo è documentato assai più tardivamente che non in lat.). È notevole il fatto che Dante abbia quasi ‘glossato’ il vocabolo nella Mon., perché significa che lo riteneva strano. Tuttavia è difficile pensare che non sia stato almeno influenzato da due passi di Tommaso d’Aquino (Reg, Princ. I ii 748 «si vero administretur per paucos, virtuosos autem, huiusmodi regimen aristocratia vocatur, id est potentatus optimus, vel optimorum, qui propterea optimates dicuntur» [LLT]; Summa Theol., qu. 95, art. 4 «aliud vero regimen est aristocratia, idest principatus optimorum, vel optimatum» [LLT]) – sebbene in essi si trovi il sostantivo aristocratia piuttosto che l’agg. sostantivato – poiché sono tra i pochissimi luoghi dove aristocraticus ricorre insieme ad optimas in una relazione di sostanziale sinonimia. Particolare appare inoltre l’uso dantesco al plurale e in funzione di sost., dal momento che non si sono trovate (almeno dallo spoglio delle principali banche dati testuali) att. di un impiego dell’agg. al plurale.