Vocabolario Dantesco Latino
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tutoris, Ep. VII 3; Mon. II v 15
il sost. è att. a partire dal lat. class. con il signif. generale di «defensor, qui tuetur» (vd. Forcellini s.v. tutor 1) e, configurandosi come tecnicismo giuridico, con quello specifico di «qui pupilli pueritiae usque ad pubertatem regendae praeponitur», anche in senso traslato (vd. Forcellini s.v. tutor 2 2°).
Isid. Orig. X 264: Tutor, qui pupillum tuetur, hoc est intuetur; de quo in consuetudine vulgari dicitur: 'Quid me mones? Et tutorem et paedagogum olim obrui' (Mirabile).
NOTA:
Il termine, se è esatta la scelta testuale di Shaw Mon. 2006, è impiegato da D. secondo entrambe le valenze individuate (vd. Corrispondenze). In particolare, in Ep. VII 3 tutor è utilizzato a indicare l’imperatore còlto nella sua facoltà giuridica di amministrare e proteggere l’Impero; l’applicazione all’ambito politico del concetto di tutor come colui che si prende cura di un soggetto e ne amministra i beni è già ciceroniana (vd. Baglio Ep. VII 3, p. 157, n. ad loc.).
In Mon. II v 15 la presenza di tutor è limitata alla minoranza dei codd. che tramandano l’opera. Tutor è considerata la lezione originaria da Shaw Mon. 2006 in quanto confermata dall’accordo dell’editio princeps (K) con i mss. dipendenti dal subarchetipo α contro quelli derivati da β. Pongono a testo, invece, la variante concorrente e maggioritaria auctoris Witte Mon., Bertalot Mon., Rostagno Mon., Vinay Mon., Ricci Mon. e Pézard Mon. (vd. Quaglioni Mon. II v 15, p. 1119, n. ad loc.).