Vocabolario Dantesco Latino
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De vulg. 1
Mon. 3
prelatio, Mon. II iii 3 (2)
prelationis, De vulg. I xii 6; Mon. II iii 4
NOTA:
Il sost., che deriva da praefero, nel lat. class. vale «actus praeferendi, seu anteponendi» (vd. Forcellini s.v. praelatio); nel lat. mediev., però, sviluppa un ulteriore signif., per cui passa a indicare l'«office or dignity of prelate or ruler» (vd. DMLBS s.v. praelatio 2) e l'«authority, control, rule» (vd. DMLBS s.v. praelatio 3). Praelatio, inoltre, è parte del lessico tecnico giuridico a indicare il «droit de préférence» (vd. Blaise Mediev. s.v. praelatio 2).
Nel contesto dell'impiego mediev. del vocabolo nella sfera semantica dell'autorità si inserisce l'uso dantesco della parola, che ricorre in tre luoghi della produzione lat. con il signif. di 'supremazia, primato'. In particolare è possibile osservare che in Mon. (II iii 3 e II iii 4) D. ricorre a prelatio dando alla parola una sfumatura - potremmo dire - quasi passiva: la parola, infatti, non pare indicare un primato che è tale per se stesso, ma un primato che risulta dall'esser posto in condizione di superiorità rispetto a un altro soggetto oppure oggetto.