Vocabolario Dantesco Latino
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NOTA:
Il sost. interemptio è impiegato tecnicamente da D. per indicare la strategia di confutazione consistente nel negare in via assoluta (la 'distruzione' appunto) di una o di entrambe le premesse di un certo argomento (vd. interimo).
Come viene chiarito in Mon. III iv 5, infatti, un’argomentazione può dirsi confutata quando viene reso evidente il suo errore, che può risiedere o nella materia o nella forma del sillogismo. Nella materia, questo avviene quando si assume il falso (assummendo falsum). Nella forma, quando non si sillogizza correttamente (non sillogizando) – quando, cioè, non si rispettano le clausole definitorie del sillogismo (III iv 4).
Da questa classificazione dell'errore (vd. error) D. deduce poi due diverse tecniche di confutazione. Se l’errore è in forma, si tratta allora di dimostrare che la forma del sillogismo non è stata servata. Se l’errore risiede in materia, cioè nella falsità di una o entrambe le premesse, ci si può trovare di fronte a due casi distinti: (i) o come premessa si è assunto qualcosa di falso 'in senso assoluto', simpliciter; (ii) o si è assunto qualcosa di falso 'secondo un certo punto di vista', secundum quid. La strategia, di conseguenza, sarà quella di demolire la premessa completamente falsa nel primo caso (per interemptionem); di distinguere ciò che c’è di falso da ciò che c’è di vero nel secondo, mostrando come la verità della premessa non possa comunque esser fatta valere in assoluto (per distinctionem; vd. distinctio): «Si 'simpliciter', per interemptionem assumpti solvendum est; si 'secundum quid, per distinctionem».
La tecnica per interemptionem viene poi esplicitamente richiamata in almeno tre delle confutazioni successive. In Mon. III iv 12, in primo luogo, il fondamentale argomento dei due luminaria viene respinto «negando in via assoluta (per interemptionem) la premessa, cioè che i due astri debbano essere interpretati allegoricamente come in due poteri» (Chiesa-Tabarroni Mon., p. 177). In Mon. III vi 3, poi, l'argomento fondato sulla presunta funzione di vicarius Dei di Samuele al momento dell'incoronazione e deposizione di Saul viene egualmente respinto per interemptionem: infatti «Samuele non agiva in veste di vicario, ma di nunzio della volontà di Dio; e le facoltà del nunzio sono diverse da quelle del vicario, in quanto il primo opera come semplice portatore della volontà del suo mandante e senza poteri discrezionali, come li ha invece il secondo» (Chiesa-Tabarroni Mon., p. 185). Infine, in Mon. III ix 2, ad essere demolita per interemptionem è la premessa che attribuisce ai duo gladii di Pietro la capacità di significare allegoricamente i due poteri: «per interemptionem sensus in quo fundant argumentum. Dicunt enim illos duos gladios [...] duo prefata regimina importare, quod omnino negandum est».