Vocabolario Dantesco Latino
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clausularum, Ep. X 4
Isid. Orig. I xxxix 24: Clausulas autem lyrici appellant quasi praecisos versus integris subiectos, ut est apud Horatium: “Beatus ille, qui procul negotiis”, deinde sequitur praecisus “ut prisca gens mortalium”, sic et deinceps alterni, quibus aliqua pars deest, et ipsi praecedentibus similes, sed minores (Mirabile).
Papias (s.v. clausula): clausula est in oratione brevis sententia sicut in epodo (Mirabile).
Uguccione, C 280, 2 (s.v. claudo): Item a claudo hec clausula -le, sicut est distinctio constructionis (DaMA).
Balbi (s.v. clausula): Uguccione (Mirabile).
NOTA:
Hapax nel lat. dantesco. Il lemma clausula è ampiamente att. nella latinità con signif. di «extrema pars, finis, exitus» ed è impiegato come termine tecnico in determinati settori specialistici, con varie declinazioni a seconda degli ambiti di utilizzo (in arte oratoria, in re metrica, in grammatica, in instrumentis publicis), cfr. ThLL s.v. clausula I. Nei trattati mediev. di ars dictandi, clausula è termine tecnico che indica il 'periodo', composto da un minimo di 2 a un massimo di 7 proposizioni o distinctiones (vd. Corrispondenze). Con il signif. generico di 'frase, periodo, porzione di testo' D. impiega il lemma in Ep. X, come traducono concordemente gli editori ('frase': Frugoni, Lokaj, Pastore Stocchi, Villa, Baglio; 'proposizione': Del Monte, Jacomuzzi). Già Monti Ep., p. 243 a proposito di nonnulla…clausularum commentava con «una sentenza, una frase o proposizione». In Ep. XII 4 D. utilizza anche il raro v. clausulo, -are, per cui vd. clausulo in VDL.
La prima att. del lemma clausola nell'italiano antico si registra in un anonimo volgarizzamento delle epistole di Seneca, datato intorno al 1325 (cfr. TLIO s.v. clausola); il termine non ricorre nel volg. dantesco.