Vocabolario Dantesco Latino
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NOTA:
Dal greco Σκύϑαι, etnonimo che designa le popolazioni nomadi che vivevano nell'Europa orientale e nelle steppe asiatiche, a nord e nord-est del mar Nero. Lemma esclusivo della Monarchia, dove gli Sciti vengono ricordati come popolo abitante una regione estrema del mondo. In Mon. I xiv 6 D. ricorda infatti i popoli che vivono alle estremità della quarta abitabile: gli Sciti sono collocati oltre il 'settimo clima' e occupano dunque la zona più a nord del mondo e sono contrapposti ai Garamanti, che invece abitano le zone più a meridione. Il 'settimo clima', secondo la concezione geografica medievale dei climata, era la più settentrionale delle sette aree concentriche, corrispondenti a fasce di latitudine, in cui era suddiviso il mondo abitabile ed era dunque ritenuta inadatta agli insediamenti umani (cfr. Chiesa-Tabarroni Mon. commento ad loc.). Alberto Magno inserisce gli Sciti nella descrizione della quarta abitabile settentrionale e orientale (cfr. Corrispondenze). Degli Sciti D. riporta che sono oppressi da un gelo insopportabile («intolerabili quasi algore frigoris premuntur»): la Scizia era infatti considerata luogo nordico per eccellenza fin dalla classicità, caratterizzato da un freddo intollerabile (vd. Corrispondenze, ma cfr. anche ad es. Hor. Carm. IV 5, 25: «Quis Parthum paveat, quis gelidum Scythen, / Quis Germania quos horrida parturit / Fetus incolumi Caesare?»), che D. stesso ricorda in Inf. XXXII 25-27 quando cita lo spessore del ghiaccio del fiume Tanai: «Non fece al corso suo sì grosso velo / di verno la Danoia in Osterlicchi, / né Tanaì là sotto 'l freddo cielo».
In Mon. II viii 5 e 6, gli Sciti vengono ricordati per aver respinto Vesoge, re d'Egitto, e Ciro il Grande, re di Persia. Le notizie storiche sono ricavate da Orosio, espressamente citato al par. 5, e nello specifico da Hist. I 14 per la per l'impresa militare di Vesoge e da Hist. II 6-7 per la sconfitta di Ciro per opera della regina degli Sciti Tamiri (vd. Corrispondenze). Infine, in Mon. III iii 2 D., per dimostrare che non si può disputare attorno a cose che non si conoscono, D. adduce l'esempio di un Egiziano che, ignorando la civilità degli Sciti, non si esprime in proposito (cfr. la voce Sciti in ED).
D. non fornisce notizie precise sulla collocazione geografica del popolo. L'estensione territoriale della Scizia, come ricorda Isidoro, nel tempo andò incontro a molteplici trasformazioni: «Scythia sicut et Gothia a Magog filio laphet fertur cognominata. Cuius terra olim ingens fuit; nam ab oriente India, a septentrione per paludes Maeotides inter Danubium et Oceanum usque ad Germaniae fines porrigebatur. Postea vero minor effecta, a dextra orientis parte, qua Oceanus Sericus tenditur, usque ad mare Caspium, quod est ad occasum; dehinc a meridie usque ad Caucasi iugum deducta est, cui subiacet Hyrcania ab occasu habens pariter gentes multas, propter terrarum infecunditatem late vagantes» (Isid. Orig. XIV iii 31). Nel delimitare i confini d'Europa, Isidoro considera la Scizia inferior la prima regione d'Europa che, nascendo dalle paludi Meotidi, si estende tra il Danubio e l'oceano settentrionale, a nord dunque del Ponto Eusino (Orig. XIV iv 3: «Prima Europae regio Scythia inferior, quae a Maeotidis paludibus incipiens inter Danubium et Oceanum septentrionalem usque ad Germaniam porrigitur»); per Brunetto, invece, la Scizia faceva già parte dell'Asia (Tresor, I cxxiii 18: «Mais on prueve par les sages que la terre d'Escite siet en Aise»). Realmente esistente nell'antichità, il popolo degli Sciti nel corso del Medioevo scomparve e il loro nome «assunse valenze in qualche modo mitiche, a rappresentare condizioni estreme di sopravvivenza» (Chiesa-Tabarroni Mon., p. 59). Da qui derivano probabilmente le incertezze di D. circa la loro collocazione geo-linguistica (cfr. Marigo De vulg., commento a De vulg. I viii 4: «La correzione "sive Meotidis paludibus" fa sentire l'esitazione a parlare della lingua di una regione, come la Scizia, per gli occidentali ignota e favolosa»; Tavoni De vulg., p. 1203: «dietro l'ambiguità sulle foci del Danubio sive le paludi Meotidi si intravede l'incertezza se gli sciti rientrino nel dominio dell'idioma "germanico" o no» e le voci Danubius, Europa, Meotidis palus in VDL).