Vocabolario Dantesco Latino
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perpessuri, Ep. VI 17
perpessus, Ep. XII 6, 8
Papias (s.v. patior): Patior, pateris, inde passio, passionarius, passivus passiva -vum, passibilis. Componitur compatior et perpetior (Mirabile).
Uguccione, P 39, 10 (s.v. pathos): Patior componitur compatior -ris, idest simul pati, condolere, unde compassio et compassivus -a -um; perpetior -ris, unde perpessus -a -um, idest valde vel diu pati (DaMA).
Balbi (s.v. perpetior): perpetior, ex per et patior, pateris, componitur perpetior, -teris, perpessus sum, perpeti, idest diu vel valde patior et mutatur a in e correptam (Mirabile).
NOTA:
Termine esclusivo delle Epistole. Forma intensiva di patior con prefisso per- di valore rafforzativo e con apofonia, come nota anche Balbi. Già Prisc. Gramm. II 438, 23 segnalava: «in tertiae vero et quartae coniugationis verbis multa invenis mutantia a: 'tango contingo', 'frango perfringo', 'ago exigo', 'iacio iniicio', 'facio inficio', 'gradior ingredior', 'scando conscendo', 'fateor confiteor', 'paciscor depeciscor', 'fatiscor defetiscor', 'salio insilio', 'patior perpetior'».
Come sottolinea Uguccione, perpetior signif. «valde et diu pati» e indica l’azione di colui che subisce a lungo una situazione di disagio o un’avversità. Il v. si specializza nelle Epistole di D. per veicolare l'immagine di un’intensa e prolungata sopportazione delle pene dell'esilio (ThLL s.v. perpetior: «inter pati et perpeti: pati brevis est, perpeti longioris morae est»). Il v. ricorre 3 volte nelle Epistole, di cui 2 in unione con il sost. exilium (vd. exilium in VDL). In Ep. XII 6 il riferimento è alla condizione di esule dell'autore: D., infatti, afferma di aver sopportato l’esilio per quasi tre lustri nel momento in cui scrive la lettera, datata 1315 («per trilustrium fere perpessus exilium»). Al paragrafo 8 il v. viene ripetuto ma con una variatio: a exilium si sostituisce il complemento oggetto iniurias, termine tecnico del diritto per indicare un’azione che va contro giustizia, contraria all’ordine del diritto, che D. dichiara di aver subito («Absit a viro predicante iustitiam ut perpessus iniurias, iniuriam inferentibus ... pecuniam suam solvat!»); il rif. è probabilmente all'infondata condanna per baratteria e all'ingiusto esilio che ne è seguito. In Ep. VI 17 il v. è invece è rif. alla condizione dei Fiorentini ribelli che, sopravvissuti alla morte e alla prigionia dopo l'intervento dell'imperatore, saranno costretti a sopportare un lungo esilio; non si esclude anche in questo caso un'allusione alla situazione personale di D., che prospetta ai Fiorentini la sua stessa pena.