Hapax nel lat. dantesco. Problematica è la corretta ortografia del termine (y\i; ei\i), come evidenziato dalle moltissime varianti grafiche presenti nei manoscritti: epicikeiam, epyekiam, in caratteri greci in K (cfr. Shaw Mon., apparato critico ad l. e Varianti). Quaglioni Mon., commento ad loc., menziona ulteriori lezioni non riportate nell’apparato di Shaw, e soprattutto dichiara «inesistente nella tradizione» (ivi, p. 130) la lezione epyikiam scelta da Ricci Mon. e conservata da Shaw. Diverse dunque le scelte degli editori, con Chiesa-Tabarroni Mon. che si attengono all’esatta traslitterazione del greco epyeikeia (con y, per cui cfr. commento ad l.; così anche Quaglioni Mon.), att. dal ms. K con la ν – ni – greca (ricondotta a m nel latino delle edizioni) e dal correttore del ms. T. Questa lezione era accolta già da Rostagno Mon., ma esclusa nell’apparato di Shaw Mon., ad loc., che non registra le congetture. Chiesa-Tabarroni osservano comunque che è impossibile sapere come D. scrivesse la parola; cfr. anche Nardi Mon., commento ad loc., per alcune note sulla ricezione ortografica del vocabolo nelle traduzioni aristoteliche, e l’assunto – indubitabile – che, in ogni caso, D. ha ripreso il vocabolo dalle traduzioni dell’Etica Nicomachea.
Il termine è sconosciuto al lat. class. e tardoant.; il suo impiego sembra realizzarsi esclusivamente in opere legate alla ricezione di Aristotele a partire dal XIII sec. Particolarmente frequenti le attestazioni nella Summa di Tommaso, che descrive il concetto sotteso al termine in modo puntuale e articolato.
Qualche parola è necessaria sulla def.: il termine non è registrato né nei dizionari di lat. class., né in quelli di lat. mediev., salvo eccezioni in Thesauri di rilevanza locale, quale il Dictionary of Medieval Latin from British Sources (vd. Corrispondenze). Ci basiamo quindi sulle traduzioni offerte dalle edd. di rif. Quaglioni Mon. opta per tradurre con «interpretazione equitativa», argomentando diffusamente circa la difficoltà di rendere il termine in modo adeguato in un'altra lingua; valorizza poi la scelta di Nardi Mon. – pur differente dalla propria – di sottolineare la specificità semantica tramite il mantenimento del sost. latino\greco in corsivo (vd. commento ad loc.). Chiesa-Tabarroni Mon. proseguono la linea di Nardi, una scelta che naturalmente è possibile in unione con un commento: ne spiegano il significato come «la facoltà di deroga per la quale è possibile contravvenire a una legge generale (…) senza ledere il principio normativo» (commento ad loc.), che è stato riportato in quanto necessario ad integrare la Def.