capitaneus, -i (s.m.)

1. capitano (Frugoni Ep.), comandante di un esercito.
Ep. I 1 Reverendissimo in Christo patri dominorum suorum carissimo domino Nicholao miseratione celesti Ostiensi et Vallatrensi episcopo, Apostolice Sedis legato, necnon in Tuscia Romandiola et Marchia Trivisiana et partibus circum adiacentibus paciario per sacrosanctam Ecclesiam ordinato, devotissimi filii A. capitaneus, Consilium et Universitas partis Alborum de Florentia semetipsos devotissime atque promptissime recommendant.
Ep. 1

capitaneus, Ep. I 1

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Hapax nel lat. dantesco, neologismo mediev. lessicale, probabilmente originatosi dall'agg. del lat. tardo capitaneus, -a, -um, denominale da caput (ThLL s.v. capitaneus: «vox infimae latinitatis»), per indicare letteralmente ‘chi sta davanti’ e dunque ‘chi è a capo di qualcosa’. Il sost. è stato impiegato fin dall’età carolingia per designare persone che, in specifici ambienti, occupano posizioni sociali e politiche di rilievo. In età comunale, il capitaneus populi era un’importante magistratura, concorrente a quella del podestà, con incarico di durata annuale o semestrale.

Nel gergo militare il sost. designa propriamente il 'comandante di un esercito o di un reparto di esso', spesso in locuzioni come capitaneus generalis e capitaneus guerrae. Con questo signif. il lemma è impiegato nella salutatio di Ep. I per indicare il mittente dell'epistola, a nome del quale D. scrive, ossia il capitano delle schiere della Universitas Alborum, probabilmente Aghinolfo e non Alessandro dei conti Guidi di Romena, come recentemente è stato proposto (cfr. Tavoni, Le Epistole I e II). Il ms. V infatti reca solo «A. ca.», secondo i precetti dell’epistolografia mediev. che per il mittente prescrivevano di segnalare il nome solo con la lettera iniziale (Corrado de Mure, De arte prosandi, p. 463: «Quandoque proprium nomen mittentis notatur per primam et unicam literulam vel sillabam proprii nominis. Quandoque per paucas literas notatur, tamen intelligibiliter»). La sigla «ca.», ossia capitaneus, indica l’ufficio, mentre è omesso ogni titolo onorifico, quale ad es. “Comes” o anche solo “Dominus”, sempre per rispetto delle regole delle artes, che nella salutatio disponevano di non porre i titoli del mittente, ma soltanto quelli del destinatario (Guido Faba, Ars dictaminis, VII, p. 298: «Item nota quod in salutatione non debent poni nomina que pertineant ad laudem mittentis sed tantum recipientis», ALIM).

Capitaneus trova corrispondenza in volg. nel sost. capitano, per cui vd. TLIO s.v. capitano, ma il lemma non è att. nel volg. dantesco.
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Voce corrispondente nelle opere volgari di Dante:
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Latino classico e tardoantico:
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Latino medievale:

ampiamente att. con il signif. di «rector, ductor, qui rei alicui praefectus est» e nello specifico «caput militum, praefectus copiis militaribus», cfr. Du Cange s.v. capitaneus. Vd. ad es. Annales Aretinorum, 1304. Comes Federigus predictus. Tunc exercitus Arretinus Florentiam ivit, et de mense julij, volens et credens ipsam capere, simul cum magna militia Bononensium et cum militia Romandiolorum et cum Albis florentinis, quorum capitaneus erat comes Aghinulphus de Romena (Annales Aretinorum, p. 11). È att. anche con il signif. di ‘nobile feudale’, cfr. Blaise Mediev. s.v. capitaneus II. 

Lessicografi medievali:
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Commentatori danteschi:
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Autore: Elena Vagnoni.
Data redazione: 23.04.2022.