Vocabolario Dantesco Latino
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non particolarmente att. nel lat. class.; comincia a diffondersi nel lat. tardoant. con il signif. proprio di ‘unanimemente’ (vd. Forcellini s.v. concorditer); ad es. Aug. Civ. III 5 Si enim vera sunt, quae aput illos de matre Aeneae et de patre Romuli lectitantur, quo modo possunt dis adulteria displicere hominum, quae in se ipsis concorditer ferunt? (CC).
particolarmente att. nel lat. mediev. con il medesimo signif. (vd. Blaise Mediev. s.v. concorditer); a titolo esemplificativo, Tommaso d'Aquino, Summa Theol., I q. 61, art. 3, resp. 1 Ad primum ergo dicendum quod Hieronymus loquitur secundum sententiam doctorum Graecorum, qui omnes hoc concorditer sentiunt, quod Angeli sunt ante mundum corporeum creati (LLT).
NOTA:
L'avv. è utilizzato da D. come termine tecnico per designare la concordia fra le fonti – in entrambe le occorrenze si tratta infatti di auctoritates class. –, indicando come vi sia unaniminità relativamente ad un dato elemento. In Mon. II iv 7, D. utilizza l'avv. riferendosi al comune racconto del noto episodio relativo alla cosiddetta ‘oca del Campidoglio’ fra Livio e altri storici illustri (cfr. Chiesa-Tabarroni Mon. II iv 7, p. 94, n. ad loc.). In Mon. II ix 3, D. utilizza l'avv. riferendosi all'avvertenza – esposta egualmente da Vegezio e Cicerone – relativa al tentativo di optare prima per una via diplomatica al fine risolvere le guerre e solo in ultimo ricorrere all'uso delle armi.
Cfr. anche concordia, concordo e concors.