Mon. 2
accidentalem, Mon. III xii 5
accidentalis, Mon. III xii 5
L’agg., derivato denominale da accidens, inizia a essere att. in lat. a partire dall’età tardoant., dove indica «quod ad accidens pertinet» (vd. ThLL s.v. accidentalis).
Lo stesso uso si conserva nel lat. mediev., dove accidentalis vale essenzialmente 'causato da accidente', 'occasionale' e, nel linguaggio proprio della scolastica, indica 'l’opposto di sostanziale' (vd. Blaise Mediev. s.v. accidentalis e DMLBS s.v. accidentalis).
A questa tradizione linguistica fa rif. D., che in Mon. impiega l’agg. esclusivamente in rif. a forma, indicando quindi «quella forma che determini ulteriormente un soggetto già attuato nel suo essere sostanziale» (vd. accidentale in ED); la forma volgare della parola – accidentale – è utilizzata da D. nel Conv., ove designa «cosa “non necessaria o non inerente alla sostanza”» (vd. accidentale in ED).
I principali lessicografi mediev. non registrano la parola, che compare però in Firminus Verris (s.v. accido): «Accidentalis et hoc -tale (…) quod contingit vel contingere potest idest casualis».