Vocabolario Dantesco Latino
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Mon. 3
proprietates, Mon. I xiv 5; II vi 6; II x 3
NOTA:
Il vocabolo, derivato da proprius, nel lat. class. indica generalmente la «condicio, vis (...) propria, non communis» intesa sia come la qualità peculiare di qualcuno o qualcosa, da cui il soggetto è definito e da cui è distinto dagli altri (tecnicismo del lessico filosofico, grammaticale e retorico, vd. ThLL s.v. proprietas I), sia come 'possesso' (vd. ThLL s.v. proprietas II), sia - in campo strettamente teologico - la condizione di chi «ad alium non pertinet» (vd. ThLL s.v. proprietas III).
I signif. individuati ricorrono anche nel lat. mediev. (vd. es. DMLBS s.v. proprietas), dove la parola - att. anche nella grafia propietas - è utilizzata anche a indicare, in ambito liturgico, l'«Officium proprium alicuius sancti» (vd. Du Cange s.v. proprietates). D. impiega la parola ora nel senso di 'caratteristica peculiare' ora di 'possesso'. Nella propria produzione lat. D. ricorre anche ai vocaboli collegati proprie e proprius.