debria, Ep. IX 2
Hapax nel lat. dantesco; att. solo in Ep. IX 2 in cui è impiegato come attributo di mens. Lemma raro, neologismo mediev. lessicale formato dall'agg. ebrius + il prefisso de- di valore intensivo, assente nelle opere lessicografiche mediev.: si registrano infatti solo poche occorrenze di debrius in ambito mediolat., perlopiù in autori cristiani (vd. Corrispondenze). Nel lat. tardoantico è att. il v. debrio, -are, intensivo di ebrio, con il signif. di 'inebriare del tutto' (cfr. Forcellini s.v. debrio), registrato anche da Osberno (il quale conosce anche il participio-agg. debriatus e il sost. debriatio), Uguccione (B 117, 18, s.v. bracos: «Item ab ebrius ebriolus [...] et ebrio, -as quod non est in usu; [...]; et componitur debrio -as, et potest ibi de esse intentivum vel privativum», DaMa) e Balbi.
Gaffiot s.v. debrius segnala l’occorrenza dell’agg. debrius al v. 4 del carmen 284 dell’Anthologia latina. Si tratta tuttavia di una congettura: debria in luogo di ebria per il v. 2 del componimento 285a («ne pedibus non stet ebria Musa suis», ed. Riese 1894), per cui vd. Peiper, “Ebrius Debrius”, p. 340 e Snædal, The ‘Vandal’ epigram, pp. 203-204.