arrideo, -risi, -risum, -ere (v.)

1. sorridere, sorridere a qualcuno (Castiglioni-Mariotti)
Eg. IV 88 Tityrus arridens et tota mente secundus / verba gregis magni tacitus concepit alumni.
Ep. IX 2 Regalis epistole documenta gratuita ea qua potui veneratione recepi, intellexi devote. Sed cum de prosperitate successuum vestri felicissimi cursus familiariter intimata concepi, quanto libens animus concipientis arriserit, placet potius commendare silentio, tanquam nuntio meliori; non enim verba significando sufficiunt ubi mens ipsa quasi debria superatur.
Eg.  1
Ep.  1
arridens, Eg. IV 88
arriserit, Ep. IX 2
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Composto di ad+rideo, il v. è att. nel lat. class. con il signif. di ‘ridere in risposta al riso di un altro’, ‘ridere con qualcuno’, e anche ‘esprimere il proprio consenso tramite il riso’ (vd. ThLL s.v. arrideo); in Hor. Ars 101, ad es., si legge che, grazie alla capacità di immedesimazione generata dalla poesia, lo spettatore risponde con il sorriso quando vede sorridere il personaggio sulla scena. Rara è l’accezione negativa, ad es. in Cic. Nat. deor. I 28, 79. Il v. mantiene lo stesso valore anche nel lat. mediev., come testimonia la def. di Uguccione, replicata poi dal Catholicon di Giovanni Balbi.

D. impiega il v. nella medesima accezione sia in Eg. IV 88 che Epist. IX 22. Nel verso bucolico il v. è riferito a Titiro, che risponde sorridendo alle parole con cui Alfesibeo aveva tentato di dissuaderlo dall’intenzione di recare visita a Mopso. La pacatezza del sorriso si intona con i toni placidi della scena immediatamente successiva, che ritrae il momento del tramonto, quando i pastori tornano al proprio ovile con il gregge, e rivela l’atteggiamento diverso di Titiro rispetto all’inizio della prima egloga dantesca. In Eg. II 7 Dante-Titiro aveva reagito ridendo (ridebam), seppur bonariamente, dinanzi all’ingenua pretesa del giovane Melibeo-Dino Perini, che si era illuso di poter comprendere, pur essendo ancora inesperto, la poesia dotta di Mopso-Giovanni del Virgilio (vd. rideo in VDL). Il valore del v. è piuttosto vicino al signif. di ‘sorridere consentendo’, che il corrispettivo volgare assume nella Commedia, quando, ad es. in Pd. XV 71, Beatrice consente a D. di rivolgere una domanda a Cacciaguida (arridere, vd. ED): «Beatrice arrisemi un cenno». Gli editori delle Egloge interpretano dunque il v. come ‘sorridere’ (Cecchini Eg.; Albanese Eg.; Petoletti Eg.) o ‘compiacersi’ (Pastore Stocchi Eg.). Riferito a Tityrus, il v. è in relazione a secundus e tacitus, che qualificano l’atteggiamento del pastore, anche secondo le regole dell’ornatus: costituisce elemento di variatio rispetto all’omeoteleuto che accomuna il nome e i due agg. ma è caratterizzato, come gli altri tre elementi, dall’allitterazione della sibilante (Albanese Eg., p. 1780). In ambito bucolico il v. figura nel verso dantesco per la prima volta e non pare attestato nel lessico successivo. In Ep. IX 2 D. impiega il v. in senso fig., comune anche nel lat. class.: come se si aprisse al sorriso, il suo animo accoglie con immensa gioia le buone notizie annunciategli dall’anonimo destinatario.

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Voce corrispondente nelle opere volgari di Dante:
arridere, vd. ED.
Latino classico e tardoantico:

le att. sono mediamente frequenti, sia in poesia che in prosa (vd. ThLL s.v. arrideo). Tra gli ess.: Plaut. Capt. 484 ne canem quidem irritatam voluit quisquam imitarier, / saltem, si non arriderent, dentes ut restringerent (MqDq); Cic. Nat. deor. I 28, 72 Video quid adriseris (CC); Hor. Ars 101 ut ridentibus arrident, ita flentibus afflent / humani vultus; si vis me flere, dolendum est / primum ipsi tibi (MqDq); Ov. Met. III 45 Cum risi, adrides (MqDq); Iuv. VI 606 corpore laturos. Stat Fortuna improba noctu / adridens nudis infantibus; hos fovet omni / involuitque sinu, domibus tunc porrigit altis (MqDq).      

Latino medievale:

le att. sono mediamente frequenti (vd. MLW s.v. arrideo). Tra gli ess.: Lovato, Epist. II 47 Hic est alter ego, nec fata benignius unquam / arrisere michi quam [cum] me iungere tanto / sunt dignata viro, quem si civilia spectem (Poeti d’Italia); Stefano da Vimercate, Gest. Med. I 1, 129 cara recidisti; probitas ornaverat ambos, / arridebat eia fallax fortuna, deditque / praecipites; duro consumpsit carcere (Poeti d’Italia); Bonaiuto da Casentino, Diversiloquium I 21 Terra Reatinam cui desuper ethera plaudit, / aer arridet, quam frigida flumina cingunt (Poeti d’Italia); Mussato, Obsid. III 2 118 Arrisit sancte proles divina puelle / et flentis madidos palla detersit ocellos / apposuitque manum capiti plausitque querenti (Poeti d’Italia).   

Lessicografi medievali:

Uguccione, R 7, 27 (s.v. rideo): rideo componitur arrideo -es -si, idest ad aliquem ridere vel cum ridente ridere (DaMA).
Balbi (s.v. rideo) = Uguccione (Mirabile).

 

Commentatori danteschi:
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Autore: Lisa Ciccone.
Data redazione: 01.02.2023.