Grecismo e hapax nel lat. dantesco. Il v. non è att. in lat. class., né in alcun dizionario, né nel ThLL; alla voce Def. optiamo per la traduzione di Chiesa-Tabarroni Mon. L’ascendenza aristotelica del vocabolo è indubbia; politizo è entrato in lat. mediev. con la traduzione della Politica di Guglielmo di Moerbeke (vd. Nardi, Note, pp. 104-6), in un tipo di formazione verbale comunque assai produttivo in quel contesto culturale e in D. stesso (soprattutto nel libro II del De Vulg.; cfr. Quaglioni Mon., comm. ad loc. per ess. e bibliografia precedente). Una trentina di occorrenze sono infatti nella traduzione della Politica ad opera di Moerbeke: il vocabolo greco tradotto è sempre πολιτεύομαι, una volta in composizione (συμπολιτεύομαι diventa simul politizare) e una in derivazione (ἀπολίτευτα è reso con non politizatae; in un passo – VIII 1, Bekker 1337a – i testi critici leggono παιδεύεσθαι, ma nei codici la lezione è πολιτεύεσθαι, e si deve presumere che la stessa variante si trovasse anche in corrispondenza di VIII 8, Bekker 1340b). Dalla versione di Moerbeke politizo passa poi nei commenti alla Politica (cfr. Pietro d’Alvernia in Corrispondenze). Moerbeke ammette anche un altro uso del termine, simile ma non identico, nella traduzione del Commento di Proclo a Platone: qui il senso è sempre quello di 'indirizzare l’ordine delle cose', ma non in accezione strettamente politica. Per Gerson, invece, il vocabolo significa 'trattare della forma del governo' (una decina di luoghi), piuttosto che esercitarla. In ogni caso è termine di stretto utilizzo tecnico, che come tale ha destato confusione nei copisti non specialisti generando una ridda di varianti.
Nella forma dantesca oblique politizantes si può riconoscere la possibilità di utilizzare il termine come vox media, laddove nell’occorrenza precedente il fatto che il soggetto siano reges, optimates e libertatis populi zelatores (ossia, in parole dantesche, coloro che esercitano le forme di governo rette) basta da solo a qualificare l’atto di politizare come positivo: cfr. Chiesa-Tabarroni Mon. ad loc., anche per l’esclusione della necessità di aggiungere un avv. positivo alla traduzione nel primo caso. Quest’ultimo era invece il suggerimento interpretativo di Nardi Mon., seguito da Quaglioni Mon. ad loc. («governano rettamente»).