Vocabolario Dantesco Latino
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NOTA:
Per D. l'Europa è una delle tre parti in cui è divisa l'ecumene, costituita dai tre continenti di Europa, Asia e Africa, circondati dalle acque dell’Oceano, secondo la concezione cosmologica tardoant. e mediev. rappresentata nei mappamondi "T in O" (vd. Corrispondenze; sui mappamondi “T in O”, cfr. Tavoni De vulg., pp. 1077-1080 e Bruni, La geografia di Dante, pp. 243-248). In Mon. II iii 10 lo stesso D. fa rif. a un mondo tripartito: «quelibet pars tripartiti orbis».
I confini dell'Europa, vulgatissimi all'epoca di D. (cfr. Corrispondenze; si vedano in particolare le testimonianze di Orosio e Isidoro che D. sicuramente ebbe presenti, su cui Tavoni De vulg., p. 1077 e 1201), si estendevano da oriente a partire dal fiume Tanai, che alimenta le paludi della Meotide. La prima regione europea era la Scizia inferiore che, iniziando dalla palude della Meotide, si estendeva tra il Danubio e l'Oceano settentrionale (su questi punti estremi in D. cfr. le voci Danubius, Meotidis palus, Scithe). L'Europa proseguiva quindi verso occidente fino ai confini della Spagna, mentre la parte orientale e meridionale, circondata dal Mar Mediteranneo, iniziava con il Ponto e terminava con le isole di Gades.
Il coronimo registra 13 occorrenze nel lat. dantesco, che si dividono tra De vulgari eloquentia, Epistole e Monarchia.
Nel De vulg. l'Europa è la regione geolinguistica dove si diffuse l'ydioma tripharium portato dai popoli dopo la dispersione di Babele. Secondo D. tre sono gli ydiomata portati dai migranti che si sono stanziati in tre zone distinte della regione: l’idioma “germanico”, che occupa la zona settentrionale dell’Europa, ossia tutto il territorio che va dalle foci del Danubio o dalla palude Meotide, fino ai limiti occidentali dell’Inghilterra e delimitato dai confini dell’Italia, della Francia e dell’Oceano (DVE I viii 3); l’idioma “greco”, che si stanziò in Oriente tra Europa e Asia (DVE I viii 4); l’idioma “romanzo” che occupò la parte meridionale d’Europa (DVE I viii 5), il quale a sua volta, al tempo di D., è pure tripharium (DVE I ix 2), perché tripartito in lingua d’oc, lingua d’oïl e lingua del sì. Si vedano a tal proposito anche le voci ydioma, tripharie, tripharius in VDL.
Nelle Epistole il lemma ricorre nell'exhortatio all'imperatore di Ep. VII 11, dove D. ricorda a Enrico VII, che si attarda nel Nord Italia, che la Romanorum gloriosa potestas non può essere ristretta entro i confini dell’Italia o della tricorne Europa («quoniam Romanorum gloriosa potestas nec metis Ytalie nec tricornis Europe margine coarctatur»). Il raro agg. tricornis descrive la forma triangolare dell'Europa, che forse D. poté derivare da Alberto Magno (cfr. Corrispondenze; Moore Studies, III p. 125-126, Toynbee Ep., p. 91 e la voce tricornis in VDL).
Infine, in Mon. II iii 11, 12 D. dimostra con il ricorso all'autorità virgiliana che la nobilità di Enea deriva da tutte le tre parti del mondo, in quanto ereditata dai suoi antenati, Dardano, Elettra e Assaraco, rispettivamente originari di Europa, Africa e Asia. In Mon. II iii 16 l'Europa è nominata solamente per definire l'Italia come la sua più nobile regione; in Mon. II viii 7 D. richiama l'episodio del ponte costruito da Serse tra le città di Sesto e Abido per attraversare il tratto di mare (lo stretto dei Dardanelli) che divide l'Europa dall'Asia, richiamando la testimonianza di Lucano (II 672-673, vd. Corrispondenze). Infine, in Mon. III xiv 7 D. afferma che la maggioranza dell'umanità non riconosce l'autorità della Chiesa (si tratta di una delle prove con cui D. dimostra che la Chiesa non ha il potere di conferire autorità all'Impero): non solo tutti gli abitanti dell'Asia e dell'Africa, ossia i popoli non cristiani, ma anche la maior pars Europam colentium è contraria al conferimento di poteri all'Impero da parte della Chiesa.
Il lemma registra 5 occorrenze anche in volgare (Rime 1; Purgatorio 1; Paradiso 3), per cui vd. la voce Europa in ED.