coquebant, Eg. II 68
Hapax nel lat. dantesco, posto a chiusura di Eg. II, nel topico quadro bucolico dei pastori in ozio sotto la quercia, che preparano la cena a fine giornata (sul modello della chiusa di Verg. Ecl. I 82-83). Il termine è utilizzato nel suo signif. proprio e letterale di “cuocere cibo” («farra coquebant», vd. far in VDL), che trova numerose att. nel lat. class. (soprattutto in Plauto: cfr. ThLL s.v. coquo, I A 1) e mediev. Non è però tipico della bucolica, dato che ricorre in questa accezione solo in Calp. III 83. Il v. è infatti assente nelle Ecloge virgiliane, mentre nelle occorrenze di Georg. I 66; II 522; IV 428 è utilizzato per indicare l’arsura prodotta dal sole e in Aen. VII 345 in senso figurato («curaeque iraeque coquebant»).
In questi due signif., nel senso proprio di “bruciare, scottare” e in quello traslato di “avvampare, ardere”, D. utilizza il corrispondente volgare cocere nella Commedia e nelle Rime (vd. cocere in ED), mentre la sua produzione volgare non registra il signif. di “cuocere” att. in Eg. II 68. Quest’ultimo è raro anche nella bucolica successiva a D.; torna ad es. in Mantovano, Adul. VI 5 «sedet ante focum fumosa Neaera / atque polenta coquit» (Poeti d’Italia).
numerose att. nell’accezione dantesca (cfr. ThLL s.v. coquo, I A 1); nella stessa sede metrica: Verg. Georg. IV 428 cava flumina siccis / faucibus ad limum radii tepefacta coquebant (MqDq); Aen. VII 345 femineae ardentem curaeque iraeque coquebant (MqDq); in ambito bucolico: Calp. III 83 Qui metere occidua ferales nocte lupinos / dicitur et cocto pensare legumine panem (MqDq).
Papias (s.v. coquo): coquo, coxi facit et coctus, inde coquina a coquendo dicta (Mirabile).
Uguccione, C 238, 1 (s.v. coquo): coquo -quis coxi coctum, unde coctus -a -um; quod autem dicitur coctum quasi coactum ab igne vel aqua, ethimologia est, non derivatio (DaMA).
Balbi (s.v. coquo): coquo -quis coxi coctum. Et scribitur per c in prima sillaba, coquo, et in secunda per q, licet quantum ad sonum videatur desinere in co. Sed hoc accidit quia u amittit vim littere (Mirabile).