logicalia, -ium (s.n.)

Mon. 1

Il sost. è att. soprattutto a partire dal terzo decennio del XIII sec., in seguito alla generale riscoperta della sezione dialettica dell’opera logica di Aristotele.

Si tratta di un agg. che talvolta assume la forma sostantivata, utilizzato di norma per indicare tanto i testi e le opere di specifica pertinenza logica quanto – per estensione – il complesso di dottrine e insegnamenti che veicolavano (vd. DMLBS s.v. logicalis).

Ruggero Bacone, ad es., utilizza il termine prevalentemente per riferirsi alle opere logiche di Aristotele (cfr. Compendium, 8); ma lo impiega anche in rif. all’opera di autori arabici come Avicenna (cfr. Opus Maius 3, 2, p. 87: «Aristoteles igitur fecit libros de his argumentis, et Averroes et Alpharabius exposuerunt in suis commentariis, et Avicenna docet in logicalibus de his argumentis»); e in generale per designare tutti quei testi che veicolavano la scienza del sillogismo propria dei 'filosofanti'. Il termine compare in quest’ultima accezione anche nella maggior parte degli statuti universitari del XIII e XIV sec. Un es. è la famosa ordinatio parigina del 2 Settembre 1276 che vietava ai maestri e ai baccellieri di leggere in privato libri che non fossero di grammatica o di logica: «de communi consensu statuimus ac etiam ordinamus, quod nullus magister vel bachallarius cujuscumque fuerit facultatis, legere decetero acceptent in locis privatis aliquos libros propter multa pericula, que inde emergere possunt […] exceptis dumtaxat libris gramaticalibus ac logicalibus, in quibus nulla presumptio potest esse» (Chartularium Universitatis Parisiensis, I 468, pp. 538-539). 

Con il signif. ancora più esteso di 'dottrine e insegnamenti di logica' il termine è frequentemente impiegato da autori come Sigieri di Brabante, Tommaso d’Aquino, Pietro di Giovanni Olivi e, sul finire del secolo, Jan Gerson.

A partire dalla seconda metà del XIV sec., poi, si userà indicare con parva logicalia i trattati usati a supporto della lectura di Aristotele come il Liber Sex Principiorum, gli scritti logici boeziani, e i testi della logica modernorum. Un esempio sono i seguenti passaggi tratti dagli statuti dell’Università di Parigi databili al 1350 ca.: «[…] et parvos libros loycales, videlicet sex Principiorum, Divisionum, Barbarismi et tres libros Thopicorum, ad minus semel cursorie vel ordinarie, vel estis in actu audiendi» (Chartularium Universitatis Parisiensis, II 1185, p. 673); «Item, quod audivistis parva logicalia, scilicet librum Sex principiorum, Thopica Boetii, Divisiones Boetii, Pricianum de accentu, et Barbarismum» (Ibidem).

Nel caso dantesco, il rif. sembra riguardare genericamente le trattazioni di logica scritte e orali circolanti al tempo (vd. anche logicus). L’esempio del triangolo e dei suoi angoli interni ha spinto gli interpreti a indicare come referenti specifici del sost. logicalia soprattutto Aristotele, Anal. Post. 73b 30-9 o Euclide, Elementa I 32 (cfr. Chiesa-Tabarroni Mon., ad loc. e Quaglioni Mon., ad loc.); a cui Kay e Cassell (Mon., ad loc.) aggiungono Pietro Ispano, Tractatus VII 109 e 113. Dal canto nostro, ci limitiamo ad osservare che la diffusione e popolarità di un tale es. non fanno che confermare l’intenzionale genericità e ampiezza del rif. dantesco.