clausulo, -are (v.)

1. redigere (Pastore Stocchi Ep.).
Ep. XII 5 In qua quidem duo ridenda et male preconsiliata sunt, pater; dico male preconsiliata per illos qui talia expresserunt, nam vestre littere discretius et consultius clausulate nichil de talibus continebant.
Ep. 1

clausulate, Ep. XII 5

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Hapax nel lat. dantesco, neologismo mediev. lessicale, denominale da clausula (vd. clausula in VDL). Il ms. L tramanda la lezione clasulate, già tacitamente emendata nell’antica edizione di Dionisi in clausulate, correzione accettata da tutti gli editori successivi. Come nota Petoletti, Prospettive filologiche, p. 80 «il fatto che in un’altra epistola dantesca, la X, questa volta trasmessa da V, si reperisca clausularum secondo l’ortografia consueta giustifica il piccolo ritocco alla trascrizione di L».

Il v. clausulo è molto raro, non viene registrato dai lessicografi mediev. né dalla maggior parte dei moderni lessici di lat. class. e mediev. Il v. è lemmatizzato solamente dal Latinitatis Medii Aevi Lexicon Bohemorum, un lessico dedicato al lat. mediev. dei paesi cechi, che fornisce come signif. di clausulo 'concludere, finire', registrando poche e peregrine occorrenze in ambito retorico e musicale in codici tardi della fine del XIV sec. e della prima metà del XV (cfr. Lex. Bohemorum). Dalla consultazione dei corpora disponibili (ALIM, CC, CDS, DaMA, MqDq, Poeti d'Italia) è emersa un'unica att. del v. prima di D. nel commento a Donato di Remigio di Auxerre, in cui clausulo è impiegato in ambito grammaticale come sinonimo di termino con il signif. tecnico di 'terminare', detto di desinenze (Forcellini s.v. termino: «Speciatim, apud Grammaticos, est desinere»). 

In Ep. XII il v., declinato al participio passato e rif. alle littere precedentemente ricevute da D. da parte del Pater cui è indirizzata Ep. XII, si configura come un v. tecnico della retorica e dell’arte epistolografica per indicare l’azione del comporre lettere. Monti Ep., p. 314 commentava: «clausulatae (= concinnatae, informatae), composte, redatte». Gli editori, infatti, traducono concordemente il v. con 'concepire' (Dionisi, Fraticelli), 'stendere' (Pistelli), 'formulare' (Monti, Frugoni, Jacomuzzi), 'vergare' (Lokaj), 'redigere' (Paoli, Pastore Stocchi), 'costruire' (Villa), 'scrivere' (Baglio). Secondo l’interpretazione di Pastore Stocchi Ep., pp. 92-93, D. «si riferisce alla chiarezza e coerenza, non all’ornato della missiva» ricevuta dal Pater, dato che nella definizione dei trattati mediev. di ars dictandi per clausula si intende non solo un segmento di testo sottoposto alle regole del cursus, ma soprattutto «il periodo, composto di un congruo numero (da due a sette) di proposizioni o distinctiones». 

clausulate] clasulate L, clausulate con. Dionisi Ep. et edd.

Voce corrispondente nelle opere volgari di Dante:
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Latino classico e tardoantico:
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Latino medievale:
Remigio di Auxerre, Commentum, 79 Ablativus vero participii praesentis temporis tantummodo in e terminatur, nominis vero in e et in i litteram clausulatur, ut amante [vel amanti] (LLT).
Lessicografi medievali:
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Commentatori danteschi:
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Autore: Elena Vagnoni.
Data redazione: 03.10.2022.