Nell'opera dantesca il sost.
distinctio è utilizzato per indicare l'azione della ragione che separa le parti di un tutto, cogliendone le differenze.
Il termine lat. riflette in tal modo il significato dei corrispondenti volgari
distinzione e
distinguere, usati anche per designare il processo con cui, solitamente, «il
magister procede all'analisi di una questione e alla sua determinazione, cioè alla sua spiegazione» (cfr.
Saccenti,
Il sapiente e il sovrano, pp. 65-74). Il v., ad es., è usato in
Par. XXVIII per spiegare come, nell'opera di Dionigi l'Aeropagita, siano nominati e distinti i diversi ordini angelici («e Dionisio con tanto disio / a contemplar questi ordini si mise / che li nomò e distinse com'io»); in
Par. XIII, poi, Tommaso d'Aquino viene presentato come un maestro, nel suo «discreto latino», della pratica della
distinctio; nel
Conv., infine, i termini corradicali legati alla "distinzione" sono massicciamente impiegati per designare la determinazione di un problema ad opera degli "occhi" della ragione (si vd., ad es., IV
xxii 7).
Nella
Mon., il sost.
distinctio designa una specifica tecnica di confutazione, che si applica ai sillogismi
peccantes in materia aventi una o più premesse false
secundum quid. In
Mon. III
iv, in particolare, D. formula un’osservazione preliminare relativa al metodo che intende seguire nella confutazione degli argomenti avversari. Citando direttamente gli
Elenchi Sofistici, dichiara che un’argomentazione può dirsi confutata quando viene reso evidente il suo errore (vd.
error), che può risiedere o nella
materia o nella
forma del sillogismo. Nella materia, questo avviene quando si assume il falso (
assummendo falsum). Nella forma, quando non si sillogizza correttamente (
non sillogizando) – quando, cioè, non si rispettano le clausole definitorie del sillogismo (III
iv 4). Da questa classificazione il Poeta deduce poi, come noto, due diverse tecniche di confutazione. Se l’errore è
in forma, si tratta allora di dimostrare che la forma del sillogismo non è stata
servata. Se l’errore risiede
in materia, cioè nella falsità di una o entrambe le premesse, ci si può trovare di fronte a due casi distinti: (i) o come premessa si è assunto qualcosa di falso in senso assoluto, “
simpliciter”; (ii) o si è assunto qualcosa di falso secondo un certo punto di vista, “
secundum quid”. La strategia, di conseguenza, sarà quella di demolire la premessa completamente falsa nel primo caso (
per interemptionem); di distinguere ciò che c’è di falso da ciò che c’è di vero nel secondo (
per distinctionem), mostrando come la verità della premessa non possa comunque esser fatta valere in assoluto: «Si 'simpliciter', per interemptionem assumpti solvendum est; si 'secundum quid', per distinctionem». La tecnica
per distinctionem viene poi richiamata esplicitamente in almeno due confutazioni successive. In
Mon. III iv 17, in primo luogo, la confutazione dell'argomento dei
due luminaria è introdotta da un'osservazione di particolare rilievo, che sembra riflettere un’esperienza diretta e personale del mondo delle dispute orali. Soffermandosi sugli effetti “pubblici” delle diverse strategie di confutazione, D. osserva che la
solutio basata sulla distinzione (
per distinctionem) risulta essere più mite (
mitior) di quella basata sulla demolizione assoluta (
interemptio).
Tollerando il falso (
mendacium tollerando), infatti, non fa apparire l’avversario completamente in torto, ma salva la verità parziale della sua posizione: «potest etiam hoc, mendacium tollerando, per distinctionem dissolvi (mitior nanque est in adversarium solutio distinctiva; non enim omnino mentiens esse videtur, sicut interemptiva illum videri facit)». Anche se è passato inosservato, inoltre, questo peculiare rilievo sembra riecheggiare – dal punto di vista terminologico – proprio quel passaggio del
De doctrina christiana (I
xxxvi 40) citato pochi paragrafi prima a proposito dell’errore di attribuire alle Scritture un significato diverso da quello inteso dall’autore sacro. In tale contesto, Agostino contrappone (significativamente) chi riferisce un senso scorretto avendo in vista l’edificazione della carità –
non omnino mentiens – a chi mente per una
voluntas falsa dicendi: «Quisquis vero talem inde sententiam duxerit, ut huic aedificandae charitati sit utilis, nec tamen hoc dixerit quod ille quem legit eo loco sensisse probabitur, non perniciose fallitur, nec omnino mentitur. Inest quippe in mentiente voluntas falsa dicendi» (vd.
Pelizzari, "
Per forza e per sofismi", p. 133).
Nella confutazione di
Mon. III
viii, invece, sviluppando un’idea trasmessa da
De interpr. 7, secondo cui il quantificatore
omnis non significa di per sé l’universale, ma l’essere inteso in modo universale del termine a cui si riferisce («‘omnis’ namque non ‘universale’ sed ‘quoniam universaliter’ consignificat»), D. applica la strategia
per distinctionem al caso delle parole dette da Gesù a Pietro "Et quodcunque ligaveris super terram erit ligatum et in cielis; et quodcunquem solveris super terram erit solutus in cielis" (
Mt 16, 19): «Et dicendum ad hoc per distinctionem circa maiorem sillogismi quo utuntur [...] Et ideo dico quod hoc signum universale 'omne', quod includitur in quodcunque, nunquam distribuit extra ambitum termini distributi [...] Cum ergo ita sit, manifestum est quod non absolute summenda est illa distributio, sed respective ad aliquid» (III
viii 3-8).
In
Questio 59, infine, il sost. è utilizzato per designare la distinzione fra Natura particolare e Natura universale introdotta precedentemente nei paragrafi 44-48.
Voce corrispondente nelle opere volgari di Dante:
distinzione, vd.
ED (R. A
mbrosini).
Latino classico e tardoantico:
nel lat. class. e tardoant. il sost. è ampiamente att. nel signif. generale di
partitio,
divisio (vd.
ThLL s.v.
distinctio): C
ic. Fin. III 16, 54 recte […] haec facta
distinctio est (
CC); S
en. Epist. 58, 21 si aliam desideras
distinctionem (
CC); P
lin. Nat. XII 71 fallacissime autem adulteratur Indica murra, quae ibi de quadam spina colligitur. Hoc solum peius India adfert, facili
distinctione: tanto deterior est. (
CC); I
ust. Dig. 29, 1, 14 Tractabatur, an tale aliquid et in paganorum testamentis indulgendum esset: et placet
non sine distinctione hoc fieri, sed, si quidem vivo testatore et sciente decessissent, nihil novi statuendum, si autem ignorante aut post mortem eius, omnimodo subveniendum (
LLT); T
ert. Resurr. 51 sine
distinctione, sine condicione (
CC).
Latino medievale:
A
lberto M
agno,
Soph. El. II, t. 3, c. 7 Non autem evidens est
per quam interrogationum praemissarum, utrum scilicet majoris vel minoris debeat solvi
per interemptionem vel
per distinctionem: quia nesciunt utrum major vel minor interimenda vel distinguenda sit, et utrum secundum conclusionem vel aliquam interrogationem praemissarum interimendo vel distinguendo solvendum sit, praecipue si praemissae quae sumuntur ad talem conclusionis falsae illationem sint valde improbabiles et valde falsae (
LLT); B
onaventura,
Comm. in II Sent., dist. 20, art. un. q. 2 et ita omnia obiecta possunt solvi
per distinctionem prius factam et alia etiam plura media, quae ad hoc possunt adduci (
LLT); T
ommaso d'A
quino,
In Arist. Phys. VIII, l. 14, n. 2 Primum ostendit tripliciter: primo quidem
per proprietates motuum; secundo
per distinctionem prioris et posterioris, ibi: amplius et hinc considerantibus etc.; tertio
per ordinem mobilium, ibi: maxime autem manifestum est (
LLT); G
offredo di F
ontaines,
Quodl. XI, q. 6 p
er distinctionem autem in corpore solutionis positam patet
responsio ad argumentum in oppositum (
LLT).
Lessicografi medievali:
P
apias (s.v.
distinctio):
distinctio finem sensus facit (
Mirabile).
Commentatori danteschi:
P
ietro A
lighieri (3)
ad Par. XIII 55-142: inde commendat distinguentes, ut dicit textus, quod male servaverunt isti tres phylosophi hic nominati et reprobati per Aristotelem in I°
Physicorum et in I°
Posterioris, sillogizantes falsa forma sillogistica, ponendo falsum simpliciter quod per interiectionem solvendum erat vel secundum quid, et sic solvendum erat per
distinctionem (
DDP).
B
envenuto da I
mola ad Par. IV 100: hic Beatrix removet contradictionem per unam
distinctionem de voluntate simplici, et secundum quid. Voluntas simplex est voluntas absoluta; voluntas secundum quid est voluntas respectiva (
DDP).
Autore: Stefano Pelizzari.
Data redazione: 17.03.2022.
Data ultima revisione: 24.04.2023.