degratto, -are (v.)

1. cancellare, raschiare da un documento; grattare via (cfr. Villa, Restauri danteschi; I cardinali "degrattati").
Ep. XI 25 Tu pre omnibus, Urse, ne degratiati [degrattati L] college perpetuo remanerent inglorii; et illi, ut militantis Ecclesie veneranda insignia que forsan non emeriti sed immeriti coacti posuerant, apostolici culminis auctoritate resumerent.
Ep. 1

degrattati, Ep. XI 25

-

Hapax dantesco assoluto. Il v. si rif. ai cardinali Iacopo e Pietro Colonna, privati del titolo cardinalizio da Bonifacio VIII nel 1297.

La lezione degrattati del testimone unico L, autografo di Boccaccio, ha creato problemi in sede ecdotica (cfr. Varianti e/o Congetture e i contributi ivi citati). Recentemente Claudia Villa (Restauri danteschi 2019; I cardinali "degrattati" 2021) ha proposto di accogliere la lezione tràdita degrattati, in luogo delle congetture degratiati 'privati della grazia' (accettata in Villa Ep. 2014 e risalente a Witte, che per primo la accolse tacitamente a testo nell'edizione del 1827) e degradati 'degradati, privati del grado', sulla base di att. in antico francese del v. grater, impiegato sia nel signif. tecnico di 'raschiare una carta o una pergamena' sia nell’accezione di 'grattare le croste della rogna', e del composto degrater att. nel Roman de la Rose. Potestà Ep., p. 152 (2021) ha invece ritenuto valida la congettura degradati di Toynbee (vd. Varianti e/o Congetture), sulla base del ritrovamento del termine degradatus riferito ai due Colonna in un documento anonimo di ambito canonistico della fine del 1303.

Il v. degratto si configura come una neoformazione per composizione prefissale con l'aggiunta del prefisso de- al v. gratto e la sua formazione rientra perfettamente nei processi onomaturgici con cui si esercita la creatività dantesca nelle Epistole (cfr. Vagnoni, Sperimentalismo). Si noti che la clausola di planus che il participio degrattati crea con il sost. college (degrattáti collége) poteva essere realizzata anche con il v. semplice grattati. Il v. mediolat. gra(t)to, att. nella lingua lat. a partire dal XIII sec. circa in contesti specialistici con il signif. principale di ‘grattare, raschiare via’ (vd. Corrispondenze e le pochissime att. riportate dai moderni lessici di lat. mediev. che lemmatizzano il v.), sebbene di uso e diffusione limitati nella lingua letteraria, doveva tuttavia circolare nella lingua popolare non letteraria, dato che è impiegato dai lessicografi mediev. come sinonimo esplicativo dei v. classici scabo e scalpo; Stotz inserisce gratto tra gli esempi di vocaboli mediolatini derivati dal patrimonio lessicale germanico (cfr. Stotz I 57). 

Secondo Villa il neologismo degratto, usato da D. per influenza del v. antico-francese grater e soprattutto del composto degrater, può essere considerato un tecnicismo per indicare la rasura da un registro e corrisponde all'azione del pontefice che cancellò i nomi dei Colonna. La stessa bolla di scomunica In excelso throno del 10 maggio 1297 può aver suggerito a D. l’utilizzo del v. degratto, perché Bonifacio VIII insiste nel sottolineare il “pruritus turbationis" manifestato dai Colonna (Villa, I cardinali “degrattati”, p. 4). Sulla scelta del v. degratto avrà tuttavia pesato probabilmente anche la predilezione di D. per il v. volgare italiano gratto, di forte valenza realistica (cfr. TLIO s.v. grattare), comune nell’italiano antico (att. fin dal 1095) e impiegato da D. in periodo antecedente all'Ep. XI per due volte nell'Inferno (Inf. XXII 93, XXX 30) e successivamente nel celebre verso di Par. XVII 129 («e lascia pur grattar dov' è la rogna»), con il signif. di «sfregare con le unghie la pelle affetta da lesioni e prurito» (vd. grattare in VD), a conferma della circolarità esistente tra latino e volgare nello scrittoio bilingue dantesco. L'utilizzo di lessico estremamente realistico è frequente nelle Epistole e ha forti tangenze con il genere della satira intesa come denuncia sociale e politica (come evidenziato in Vagnoni, Studi linguistici e vd. ad es. il lemma scatescentia in VDL e i termini a esso correlati). Sul composto degratto cfr. anche Albanese, Nel cantiere, pp. 25-26.

Per altre neoformazioni verbali nelle Epistole, vd. abstenuocoadduco, pernoctitoreaspero in VDL.

degrattati] degrattati L, degratiati con. Witte Ep. (Torri Ep., Muzzi Ep., Fraticelli Ep., Giuliani Ep., Moore Ep., Morghen, La lettera, Frugoni Ep.Lokaj Ep., Pastore Stocchi Ep., Villa Ep.), degradati con. Toynbee Ep. (Pistelli Ep., Vinay, A proposito, Jacomuzzi Ep., Baglio Ep., Potestà Ep.), degratati con. Pézard, La rotta gonna, degrattati restituit Villa, Restauri danteschi.

Voce corrispondente nelle opere volgari di Dante:
grattare, vd. VD.
Latino classico e tardoantico:
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Latino medievale:
poco att. il v. gra(t)to, -are con il signif. di 'grattare, raschiare via', per cui cfr. Du Cange s.v. 1 gratare; DMLBS s.v. 1 gratare; Blaise Mediev. s.v. gratoMLW s.v. gratto (gracto, grato): vd. ad es. Giordano Ruffo, Hippiatria, VI 26, Locus pruriti vel scabiei patientis tali unguento bis in die sufficienter ungatur, prius loco pruriti vel scabiei scalpto et gratato in tantum universaliter quod quasi sanguinet, et tali utatur unguento donec patiens liberabitur a prurito (MLW); Mosè da PalermoLiber mariscaltie equorum et cure eorum, XXI, Alia medicina ad gractare: equum lava bene cum aqua calida (…); XXII, Capitulum curandi gractare equorum et occidendi sexcupedes (MLW).
 

Da non confondere gra(t)to 'grattare' con il v. gratare, forma attiva del deponente grator attestato in epoca mediev. con il signif. di «promittere, stipulari, gratum habere», Du Cange s.v. 2 gratare, e cfr. anche DMLBS s.v. 2 gratare.
Lessicografi medievali:
att. il v. gra(t)tare come sinonimo di scabo scalpo:
Osberno, S 216: Scabere, grattare (Mirabile).
Uguccione, S 223, 1 (s.v. scabo): scabo -is -bitum, gratare, unde scaber -a -um, et scabrosus -a -um, et scabidus -a -um, idest asper, tiniosus, unde scabidulus diminutivum, aliquantulum scabidus (DaMA); S 224, 1 (s.v. scalpo): scalpo-is -psi -ptum, idest gratare, et proprie scalpere est cum uno digito vel duobus caput gratare, et est proprium simiarum et luxuriosorum (DaMA).
Balbi (s.v. scabo e scalpo) = Uguccione (Mirabile).
Commentatori danteschi:
att. il v. gratto solo in Pietro Alighieri (1) ad Inf. XXIX 73-84, probabilmente per influsso del volg. grattare utilizzato da D. in Inf. XXII 93; XXX 30 e Par. XVII: Fingendo se postea invenire duos spiritus, in quibus fuerat illorum qui laborant ad alchimiam falso faciendam, qui die noctuque cum vasis fictilibus fabricant et bulliunt, et quanto magis ardent procedere, et minus acquirunt, ut faciunt grattantes scabiem, qui quanto plus scalpunt et grattant, magis grattare desiderant absque fine. Et ideo vide quare tegiis et scalpentes et grattantes scabiem eos fingat (DDP).
Autore: Elena Vagnoni.
Data redazione: 23.05.2021.
Data ultima revisione: 29.12.2022.