Eg. 2
Il Peloro segna la punta estrema nord orientale della Sicilia (punta Faro, capo Peloro). Insieme al Pachino e al Lilibeo, ricorre nelle descrizioni geografiche mediev. della Sicilia che definiscono i confini della regione sulla base di questi tre promontori (in partic. Oros. I 2, 99, fonte geografica di D.). Da essi le fonti mediev. fanno infatti discendere l’etimologia di Trinacria: cfr. a questo riguardo Isid. Orig. XIV vi 32 «Trinacria dicta propter tria ἄκρα, id est promontoria: Pelorum, Pachinum et Lilybaeum» (Mirabile), ma già Serv. ad Aen. I 196 «Trinacrio Graecum est propter tria ἄκρα, id est promunturia, Lilybaeum, Pachynum, Pelorum» (CC), e su questa scia anche Uguccione e altri autori mediev. (vd. Pachinus in VDL). Sempre Servio fornisce la derivazione dell'oronimo Pelorus dall'eponimo timoniere di Annibale sepolto in quel punto (ad Aen. III 411 «Pelori promunctorium Siciliae est secundum Sallustium, dictum a gubernatore Hannibalis illic sepulto, qui fuerat occisus per regis ignorantiam» CC), ripresa nelle def. di Isidoro e Uguccione.
Att. nel lat. class. (in ambito poetico cfr. soprattutto Verg. Aen. III 411; 687; VII 289; Ov. Met. V 350; XV 706; Lucan. II 438), l’oronimo registra due occorrenze nel lat. dantesco, entrambe in Eg. IV. Seppur estraneo alla tradizione bucolica lat. precedente, in D. l'oronimo è introdotto per sostanziare lo scenario siciliano che fa da sfondo all’egloga. In particolare, il monte è connotato come verdeggiante e rugiadoso, concordemente alla fictio bucolica che lo intende come metafora di Ravenna (Eg. IV 46 «roscida rura Pelori»; 73 «viridi ... Pelori»; vd. roscidus, viridis in VDL ) e in opposizione al paesaggio arido e scabro dell'Etna, metafora di Bologna e dei suoi pericoli (vv. 26-27 «arida Ciclopum ... saxa sub Ethna»; vd. Ethna, Ethneus, Ethnicus in VDL).
Le occorrenze di Peloro nel testo delle Egloge non consentono di ricavare con certezza quale sia la forma del nominativo per D.: sono infatti att. sin dall'antichità le forme latine Pelorus e Pelorum e la forma greca Peloros in Ov. Met. XIII 727. Con ogni probabilità la forma di genere maschile Pelorus, lemmatizzata da Uguccione, è quella conosciuta anche da D., ma non si esclude la possibilità che il poeta potesse conoscere e usare anche la forma di genere neutro Pelorum, att. ad es. in Isidoro (vd. Corrispondenze).
Insieme a Pachino, Peloro ricorre anche in Par. VIII 68 «E la bella Trinacria, che caliga / tra Pachino e Peloro, sopra ’l golfo / che riceve da Euro maggior briga» nella sua connotazione più strettamente geografica, ossia a delimitare il confine orientale della Sicilia citandone le due punte estreme, a nord e a sud (cfr. Peloro in ED).
L'oronimo torna nella tradizione bucolica successiva a D. già in Petrarca, Buc. V 131 «undifragi sectique tenens convexa Pelori» (Poeti d'Italia); Boccaccio, Bucc. III 69 «magno quondam disiuncta Peloro» (Poeti d'Italia); V 6 «Sicilidum saltus et florida rura Pelori / forte pererrabam» (Poeti d'Italia); VIII 78 «frondoso pandum delphyna Pelorus / vertice suscipiet nantem» (Poeti d'Italia); X 86 «Nec credas leta Pelori / pascua vel campos tyrios Libanive roseta» (Poeti d'Italia).
Isid. Orig. XIV vii 4: Pelorum promuntorium Siciliae respiciens Aquilonem, secundum Sallustium dictum a gubernatore Hannibalis illic sepulto (Mirabile).
Uguccione, P 55 (s.v. Pelorus): PELORUS, mons Sicilie dictus a gubernatore Anibalis illic sepulto; unde hec peloris -dis dicitur quoddam genus ostrearum quia ibi abundet (DaMA).