, né in altri dizionari di lat. class.; se ne trova un’unica occorrenza nella
, nessuna delle quali congetture l’editore oggi di rif. ha ritenuto accogliere, conservando così
; cfr. Senecae,
XII, ed. L.D. Reynolds, Oxonii 1977).
Tra i dizionari di lat. mediev.,
imperiatus è registrato solo dal
Du Cange (s.v.
imperiatus), a partire da un luogo di
Goffredo di Viterbo; nemmeno vi sono menzioni nei lessicografi. Le uniche att. reperite in lat. mediev., oltre a D., sono per l’appunto quelle di Goffredo di Viterbo (da valutare, peraltro, da cosa dipendano le lievi varianti tra il primo luogo citato dal
Pantheon e quello citato dallo
Speculum regum, dove ovviamente si tratta di una ripresa testuale) e del
Chronicon Casauriense di
Giovanni Berardi. Suggestiva, inoltre, l’occorrenza segnalata dai
Diplomata di Federico I (ed. MGH, vol. Friedrich 3, n° 559, p. 25: «eam nostra maiestate conscribi iussimus et
imperiatorie dignitatis auctoritate corroboratam sigillari» (
MGH) perché parrebbe att.
imperiatorius a designare la qualità di cià che pertiene a chi detiene l’
imperiatus (quindi
imperatorius come un’ulteriore derivazione da
imperiatus), a cui si aggiunge l’
imperiator di
Iacopo da Verona (
Liber peregrinationis V, «dator largus, pius
imperiator Presul vivebat hic»;
ALIM). Il signif. in questi luoghi sembra essere strettamente burocratico, privo delle implicazioni di natura filosofica che esso assume nel discorso dantesco. Come spesso accade, le varianti mettono in luce la difficoltà dei copisti di fronte a un termine estremamente tecnico, che (consapevolmente o no) viene ricondotto a qualcosa di simile e anche attinente, ma col quale si perde la sottigliezza dell'argomentazione dantesca.
Nella
Mon. è sempre in endiadi con
papatus (anch’esso usato solo in questi due passi): le due formazioni appaiono simili dal punto di vista morfologico. A differenza di quanto accade con
imperiatus, di
papatus si contano migliaia di att. in lat. mediev., anche se solitamente con un signif. diverso da quello che assume nella
Mon. (vd. s.v.
papatus).
Quaglioni Mon., commento
ad loc. (pp. 464-5) ha informazioni preziose sulla resa del termine nelle traduzioni dell’
Anonimo e del
Ficino (“imperio”; ma va tenuto conto che
imperium è lezione ben att. nella tradizione della
Mon.), e sulla inadeguatezza del semplice “impero” a rendere pienamente l’accezione dantesca (e tuttavia essendo proprio questa la parola che sceglie). Riportiamo, alla voce D
efinizione, la traduzione di
Chiesa-Tabarroni Mon., nella scia di quanto già
Nardi,
Mon. (“dignità imperiale”) aveva proposto (cfr. anche
Shaw,
Mon. 1996 e
Kay,
Mon.
ad l.).
Il vocabolo fa parte del vasto campo semantico relativo all'impero:
imperium,
imperator,
imperialis,
imperatorius e
impero.
Infine, sebbene il vocabolo non compaia nelle opere volgari di D., esso è att. precocemente nei commenti danteschi e in volgare (cfr.
TLIO s.v.
imperiato): Ottimo commento (
imperiato:
ad Inf. I 67-72, «e che nacque al tempo di Julio Cesere, quasi nella fine del suo imperiato»,
DDP;
Ottimo commento (3) X 121-3, «e due anni dopo il padre regnòe nello imperiato»,
DDP; vd. anche
ad Purg. XXI 82-93;
ad Pd. VI 61-70);
Chiose Vernon (
imperiato:
ad Purg. VI 76-90 «e poi che llo imperiato si partì da Roma»,
DDP, che sembra avere una connotazione astratta generale, piuttosto che un singolo dominio specifico come era nell’Ottimo;
ad Par. IV 13-15, dove il termine definisce le età del mondo;
Par. XI 1-12); Bono Giamboni,
Orosio, I 1 (1292); una cronaca fiorentina e il volgarizzamento da Svetonio
I fatti di Cesare, della fine del XIII secolo; Folgòre di San Gimignano,
Sémana 15.7, e altri ancora.